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Evangelii Gaudium: il commento di Mons. Fisichella - pagina2

Un passaggio certamente importante, in questo capitolo, è il n. 32 dove Papa Francesco mostra l’urgenza per portare a termine alcune prospettive del Vaticano II. In particolare il compito dell’esercizio del Primato del Successore di Pietro, e delle Conferenze Episcopali. Già Giovanni Paolo II in 'Ut unum sint', aveva avanzato una richiesta di aiuto per comprendere meglio i compiti del Papa nel dialogo ecumenico. Ora, Papa Francesco prosegue su questa richiesta e vede che una più coerente forma di aiuto potrebbe giungere se si sviluppasse ulteriormente lo Statuto delle Conferenze Episcopali. Un ulteriore passaggio di particolare intensità, per le conseguenze che porterà nella pastorale, sono i nn. 38-45: il cuore del Vangelo “si incarna nei limiti del linguaggio umano”. La dottrina, cioè, si inserisce nella “gabbia del linguaggio” –per usare un’espressione cara a Wittgenstein- ciò comporta l’esigenza di un reale discernimento tra la povertà e i limiti del linguaggio con la ricchezza –spesso ancora sconosciuta- del contenuto di fede. Il pericolo che la Chiesa possa a volte non considerare questa dinamica è reale; può succedere, quindi, che su alcune posizioni vi sia un arroccamento ingiustificato con il rischio di sclerotizzare il messaggio evangelico senza percepirne più la dinamica propria dello sviluppo.
Il secondo capitolo è dedicato a recepire le sfide del mondo contemporaneo e a superare le facili tentazioni che minano la nuova evangelizzazione. In primo luogo, afferma il Papa, è necessario recuperare la propria identità senza avere complessi di inferiorità che portano poi ad “occultare la propria identità e le convinzioni… che finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono” (79). Ciò fa cadere i cristiani in un “relativismo ancora più pericoloso di quello dottrinale” (80), perché intacca direttamente lo stile di vita dei credenti. Avviene così, che in molte espressioni della nostra pastorale le iniziative risentano di pesantezza perché al primo posto viene messa l’iniziativa e non la persona. Sostiene il Papa, che la tentazione di una “spersonalizzazione della persona” per favorire l’organizzazione, è reale e comune. Alla stessa stregua, le sfide nell’evangelizzazione dovrebbero essere accolte più come una chance per crescere, che non come un motivo per cadere in depressione. Bando quindi al “senso della sconfitta” (85). Ènecessario recuperare il rapporto interpersonale perché abbia il primato sulla tecnologia dell’incontro, fatto con il telecomando in mano per stabilire come, dove, quando e per quanto tempo incontrare gli altri a partire dalla proprie preferenze (88). Tra queste sfide, comunque, oltre alle usuali e più diffuse, è necessario cogliere quelle che hanno una valenza più diretta nella vita. Il senso di “quotidiana precarietà, con conseguenze funeste”, le varie forme di “disparità sociale”, il “feticismo del denaro e la dittatura di un’economia senza volto”, la “esasperazione del consumo” e il “consumismo sfrenato”... insomma, si è dinanzi a una “globalizzazione dell’indifferenza” e a un “disprezzo beffardo” nei confronti dell’etica con un permanente tentativo di emarginare ogni richiamo critico nei confronti del predominio del mercato che con la sua teoria della “ricaduta favorevole” illude sulla reale possibilità di andare a favore dei poveri (cfr nn. 52-64). Se la Chiesa oggi appare ancora fortemente credibile in tanti Paesi del mondo, anche là dove è minoranza, questo è dovuto alla sua opera di carità e solidarietà (65).

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